Mulas nelle pose ardite di Pascali: le fotografie in mostra ​nelle sale della Fondazione di Polignano a mare

Mulas nelle pose ardite di Pascali: le fotografie in mostra nelle sale della Fondazione di Polignano a mare
di Isabella BATTISTA
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Sabato 16 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 22:01

“Una fotografia di moda non è la fotografia di un vestito; è la fotografia di una donna”. Con questa definizione Alexander Liberman, direttore artistico di Vogue, intendeva riassumere ciò che una donna si aspettava di vedere in una fotografia di moda: uno specchio di sé e di come, attraverso i modelli fotografati, voleva apparire agli occhi degli altri. Le prime fotografie che apparvero su Vogue raffiguravano donne in abiti sontuosi e grandi cappelli. Le immagini erano spesso scattate nelle loro dimore o nei luoghi di ritrovo dell’alta società dell’epoca, come yacht club o country club. Nel corso della vita della rivista è cambiato il modo di intendere non solo i contenuti ma anche le immagini proposte. Negli anni, Vogue non ha solo registrato questi cambiamenti ma ha contribuito in maniera significativa a determinarli. Molti di questi si sono registrati negli anni Sessanta, periodo di autentica rivoluzione culturale. La voglia di libertà tipica di quel decennio ha avuto inevitabili ripercussioni sull’abbigliamento, tanto maschile quanto femminile, sdoganando l’easy e il confortevole. Su Vogue appaiono vestiti pratici, da indossare tutti i giorni ma comunque dotati di quel necessario fascino utile a colpire l’attenzione delle lettrici. E non è certamente un caso che in quello stesso periodo sia nato L’Uomo Vogue, allegato della rivista creato da Flavio Lucchini nel 1967, il primo periodico dedicato all’abbigliamento maschile, anche questo ormai sempre più votato al Prêt-à-porter, in un periodo in cui la moda per uomini era ancora strenuamente legata al classico.

Per ritrarre questo epocale cambiamento di costume la rivista non sceglie modelli professionisti, ma artisti, cantanti, attori conosciuti e non, registi, creativi di ogni genere, “tutti quelli che avevano una forte personalità, una immagine nuova, curiosa, particolare”, come ricorda lo stesso Lucchini. Ed è in questo contesto che nasce la collaborazione tra Ugo Mulas, fotografo di artisti e intellettuali dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, e Pino Pascali, artista rivoluzionario che ha fatto dell’arte un gioco. Personaggio affascinante e carismatico, Pascali, come altri grandi artisti della sua epoca, si è donato all’obiettivo di Mulas, che lo ha compensato generando alcuni dei suoi ritratti più noti. A questo rapporto, fatto di intelligenza e complicità, è dedicata la mostra curata da Alessio de’ Navasques (coordinamento scientifico di Rosalba Branà) nelle sale della Fondazione Pascali di Polignano a Mare, visitabile fino al 2 ottobre. 

L'esposizione


La mostra, nata da una collaborazione tra la Fondazione e l’Archivio Ugo Mulas, conferma il format dei dialoghi ideato dalla direzione di Rosalba Branà, che negli anni ha affiancato le opere pascaliane a quelle di Luigi Ghirri, di Claudio Cintoli, di Gino Marotta e molti altri artisti coevi. Il nuovo percorso presenta quarantuno immagini in bianco e nero, stampe vintage poco conosciute o mai esposte, che raccontano gli incontri tra Pascali e Mulas nella Roma del 1968.

Mulas, su commissione di Vogue, esegue in quell’anno scatta ritratti dell’artista pugliese, che oltre a restituirne la personalità geniale e istrionica, contribuiscono in modo determinante a trasformarlo in un’icona nuova e seducente, vero enfant terrible dell’arte contemporanea. 


Il 1968 è l’anno della morte di Pascali, deceduto in un terribile incidente con la sua motocicletta in Via del Muro Torto a Roma, ma è anche l’anno della sua partecipazione alla Biennale di Venezia, quella della contestazione, in cui l’artista pugliese non condividendo la chiusura delle sale da parte di alcuni artisti, tra i quali Emilio Vedova, sceglie di tenere veri e propri comizi o di sedersi con i manifestanti per comprendere le ragioni della loro protesta ed eventualmente appoggiarle o controbatterle. Pascali non era contrario all’idea di una riforma radicale della Biennale, anzi, ma riteneva fosse necessario modificarla dall’interno. Questa sua idea, sostenuta dal suo innato anticonformismo, lo stesso che Mulas ha cercato di catturare nelle sue immagini, in quei giorni ne fanno un’autorità agli occhi dei contestatori. Una credibilità che la morte, avvenuta poco dopo, lascia intatta. La nuova mostra della Fondazione, oggi alle prese con una revisione radicale del board di comando, porta alla luce la storia poco nota di questa esperienza d’avanguardia nel panorama editoriale internazionale, ricostruendo, per la prima volta attraverso tutte le immagini, due degli editoriali più belli di Mulas pubblicati sui primissimi numeri della testata, quello con gli artisti in pelliccia del 1967 e Sette più sette artisti d’oggi le loro opere i loro abiti del 1969.


Per queste serie posarono personaggi di spicco della scena culturale di quegli anni: da Lucio Fontana a Ettore Sottsass, da Alighiero Boetti ad Aldo Mondino, da Tommaso Trini a Getulio Alviani e molti altri. In questa occasione Mulas scatta il più iconico dei ritratti di Giangiacomo Feltrinelli editore e rivoluzionario, tra gli avventori celebri del Bar Giamaica che appare, elegante e dandy, in astrakan e colbacco, come un personaggio di Pasternak, di cui era stato il primo a pubblicare in Italia le opere. Nell’editoriale del 1969 sarà pubblicata postuma l’immagine di Pascali scattata a Roma l’anno precedente: tutto vestito di nero, con sandali e un foulard al collo, fedele alla sua “uniforme” d’artista che indossa abiti di Porta Portese, in una forma di resilienza alla seduzione della moda e della comunicazione. Coeve ai ritratti nello studio - e forse ugualmente destinate a L’Uomo Vogue - sono le foto di Pascali con la compagna di allora, Michelle Coudray, sul Lungotevere, in cui Mulas fissa in eterno, nello smagliante controluce, il mito della giovinezza, assieme alla spontaneità e alla gioia di vivere dei gesti della coppia. Lo scatto con Pascali di spalle - quasi una presenza evocata da un’aura di ricci splendenti con l’ombra di Michelle sullo sfondo - è un’altra immagine molto nota dell’artista, che appare riprodotta anche nel famoso libro Autoritratto di Carla Lonzi. La mostra riesce a contestualizzare questa fotografia, ricostruendo l’intera sequenza di quella memorabile giornata.
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