Robinson

Morto Nanni Balestrini: poeta e scrittore, precursore del Gruppo 63

Nanni Balestrini 
Scrittore, poeta e saggista, è stato uno dei più spiazzanti "artisti totali" del secondo Novecento italiano. Aveva 83 anni
1 minuti di lettura
Il fuoco dell’avanguardia, in un secolo, non brucia una volta sola. C’è qualcuno che si incarica di accenderlo, di tenerlo vivo, di svegliarlo. Nanni Balestrini - scomparso a quasi ottantaquattro anni - è stato, nel secondo Novecento italiano, uno dei più energici, spiazzanti, ostinati “artisti totali” - il gesto della provocazione, il segno netto che crea uno scarto con il passato, l’urlo e il furore di chi vuole inventare il futuro. 

Nato a Milano nel 1935, era nemmeno trentenne nella stagione più intensa della Neoavanguardia e del Gruppo 63. A quattro mani con Alfredo Giuliani, già nel 1964, pubblica da Feltrinelli un primo bilancio delle esperienze che si erano aggregate intorno allo storico convegno di Palermo; due anni dopo teorizza “Il romanzo sperimentale” (Feltrinelli 1966) e ne ha già fatto proprie le istanze fino in fondo, scrivendo il suo “romanzo multiplo” Tristano e più avanti, nel 1971, quel libro il cui titolo segna un intero decennio: “Vogliamo tutto”. Storia di fabbrica e di rabbia, con un linguaggio che rompe molti schemi della letteratura industriale degli anni Sessanta. Una prima persona surriscaldata, un monologo-fiume che diventa sfogo, confessione, rivendicazione, protesta. È un romanzo scritto a voce; l’operaio Alfonso parla “dal vero”, ma non solo per sé: parla per tutti, è un io multiplo, è una collettività che si incarna in lui. 

Balestrini è stato protagonista e insieme testimone delle stagioni italiane di più accesa militanza, ha studiato e storicizzato ciò a cui lui stesso aveva preso parte: nel saggio L’orda d’oro tiene il filo della “grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale”, dai fatti di Genova del 1960 - gli scontri al corteo indetto dalla Camera del Lavoro contro la convocazione del congresso del Msi - fino alla coda degli anni di piombo. Animatore di riviste, situazionista della parola e dell’arte visiva, Balestrini ha tenuto vivo un cantiere di lotta e di poesia: etico, epico, radicale. Taglia, ritaglia, combina, cuce, assorbe da tutti i linguaggi, ma il suo “futurismo” è alternativo, non ha parentele con quello di inizio Novecento se non nella volontà di sovvertire, di volere tutto. Non si ferma mai all’estetica; tiene insieme segni e significati, emozioni e idee, le proietta sempre nello spazio creativo di una rivoluzione possibile. “Una rivoluzione - ha spiegato in un’intervista - non è un qualcosa che, come si pensa, accade in un istante. Ma è invece composta da tracce, segni che conducono a qualcosa, che indicano una direzione. La rivoluzione è un segnale che per scoppiare ha bisogno del suo tempo: ci metterà anche un secolo o due per mutare le cose”.